venerdì 20 febbraio 2015

PERCHÉ L'AUTODICHIA NON È QUESTIONE DI SOLDI


Siamo giunti in possesso della lettera che l'autore del ricorso contro l'autodichia ha inviato la settimana scorsa a tutti i dipendenti del Senato. Eccola:

"Cari Tutti,

apprendo  con favore, dalla mail recentemente diramata da alcuni sindacati, 
che le doglianze di moltissimi dipendenti - contro le recenti decisioni del
Consiglio  di  Presidenza  in materia retributiva - potranno giovarsi delle
vicende legali che in assoluta solitudine sostengo, da almeno nove anni, ad esito    del   demansionamento   illegittimamente   subìto,   positivamente riconosciuto (allo stato unico caso) e passato in giudicato nel 2006.

       I  risultati  –  in parte già intervenuti e quelli successivi – sono  patrimonio  di  tutti,  ed  a  chiunque  è permesso di valersene o di
augurarsi,  con  me,  una  evoluzione  pienamente  favorevole e definitiva.
Desidero però svolgere le ragioni che non mi consentono di essere parte del percorso da Voi delineato.
       Non  credo  che l'eventuale fine dell’autodichia possa lasciare il  Senato  così  com’è, con l'aggiunta di un giudice esterno. Credo invece che  il  passaggio da "sudditi" a cittadini richieda uno sforzo a tutti, ai
vertici  come  a noi. Si rimarrebbe "sudditi" - per esempio - qualora chi è
preposto  dovesse  rivelarsi  incline a ritardare una soluzione quadro, che
offra legittime tutele a tutte le fasce generazionali dei dipendenti.
       Non  spetta  a  me  delineare l’indirizzo da seguire, sul quale
sono  state già avanzate – tra gli altri dal senatore Enrico Buemi, come si
può          vedere          consultando         il         sito         ((
http://www.lindro.it/wp-content/uploads/2015/02/Lettera-al-Pres.-Grasso-su-autodichia.pdf
)) - proposte significative alla Presidenza del Senato. Dalla loro lettura,
mi limito a notare che un'effettiva trasparenza degli atti amministrativi è
la  migliore  garanzia  della  buona gestione delle risorse; proprio grazie
all'affermazione  dello  Stato  di  diritto  abbiamo  l’opportunità di dare
certezze a chi lavora in Parlamento.
       Aprire  un  tavolo  negoziale,  su  questa  nuova visione delle
amministrazioni  costituzionali,  ci  consentirebbe  di  fronteggiare - con
dignità  - ipotesi demagogiche, di cui certo non mancano i promotori tra le
varie componenti sociali del nostro Paese.

       Cordialmente, Piero Lorenzoni"

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