Sono oramai due anni
che è in corso l'iniziativa radicale, per affermare la legalità nelle
amministrazioni degli organi costituzionali: è tempo di tirare un primo
bilancio, per chiedere al Congresso un giudizio ed un incoraggiamento a
proseguire.
Anzitutto i fatti
positivi, che sono ancor più notevoli perché avvenuti nel pressoché totale
silenzio degli organi di informazione:
1.
Il disegno di legge dei parlamentari radicali a prima firma Rita Bernardini,
per abolire l'autodichia di Camera e Senato, è stato depositato in Cassazione dal
ricorrente di una controversia di lavoro contro il Senato: esso è tra gli atti
parlamentari che hanno provocato il dubbio di costituzionalità, avanzato dalla
Cassazione con ordinanza n. 10400/2013;
Ora
le note dolenti:
Un
ceto mandarinale ha trovato convenienza a dosare questo strumento, offrendo
alla politica la sua penna e traendo, dalla contiguità con i giudici domestici,
motivi di maggiore convenienza che nel rivolgersi a giudici veri.
2.
La sentenza n. 120/2014 di Giuliano Amato ributta la palla in Cassazione, ma la
"Suprema Cupola" non ha più il coraggio di rivendicare l'esistenza di
uno Stato nello Stato, sottratto alla legge "esterna", nel cuore
degli organi costituzionali italiani. Anzi, la sentenza costituzionale riconosce
l'unicità dell'autodichia italiana in tutto il mondo, valendosi di uno studio
di diritto comparato effettuato dal servizio studi della Corte: proprio quello
che Alessandro Gerardi ed io sostenemmo nel libro "Parlamento, zona franca". Questo libro, non a caso, è citato
dal professor Passaglia, responsabile del servizio studi della Corte, nel suo
più recente scritto, come sintomo della "diffusa avversione verso i «privilegi» della classe politica"
che "avrebbe potuto tradursi (...)
nella strumentalizzazione di una eventuale decisione favorevole al mantenimento
di prerogative tradizionali non imprescindibili";
3.
Il Fatto quotidiano nel novembre 2013
ha dedicato alla nostra battaglia una pagina, ripresa da numerose condivisioni facebook e twitter , mentre Corsera (a firme Marro e Rizzo) e l'Economist hanno ripreso soltanto la
questione autodichia in rapporto al tetto stipendiale, ma hanno taciuto le
nostre iniziative;
4.
Il 18 novembre c'è udienza in Cassazione sul caso del dipendente che ha aperto
il varco, citando il ddl Radicale; il demansionamento da lui subìto non ha
raccolto nessuna class action, ma
sulla scorta del suo precedente si affacciano alla Cassazione i portaborse, i
dipendenti dei gruppi parlamentari e varie altre categorie di discriminati. Tra
di esse potrebbero esservi molti imprenditori esclusi dalle discutibili gare
d'appalto e dalle trattative private che, come nel caso degli affitti d'oro,
hanno arricchito i soliti noti del generone immobiliare romano.
1.
Nessuna delle nostre richieste Renzi, Grasso o Boldrini è stata accolta: tutti
e tre si sono costituiti in giudizio a difesa dell'autodichia davanti alla
Corte costituzionale;
2.
Quando il dipendente demansionato ha depositato in Cassazione il nostro disegno
di legge, i suoi avvocati hanno rimesso il mandato; il Procuratore generale
della Cassazione pare abbia mutato il suo parere (in udienza favorevole a
pronunciarsi) ed il nostro amico era senza nessuno che potesse controdedurre,
opponendosi al ritardo di un anno che ha subìto, a sue spese;
3.
Il problema di legalità, cui alcuni movimenti paiono sensibili, nel caso in
questione non s'è tradotto in nessuna iniziativa concreta a sostegno della
battaglia: poche isolate abbaiate sul web,
per poi mantenere un atteggiamento passivo nei voti degli organi collegiale
delle Camere che avallano ogni giorno l'autodichia. In bilancio interno ed in
revisione costituzionale, alla Camera Schullian ed al Senato Buemi sono gli
unici da cui sono venute iniziative concrete per denunciare la gravità della
situazione.
Infine,
riassumo i punti di forza della nostra denuncia.
Dall'esistenza
dei giudici domestici, in Camera e Senato, si fa discendere una conseguenza
letteralmente assurda, eppure nei Palazzi vissuta come un'ovvietà: se c'è un
giudice diverso da quello degli altri cittadini, è perché la legge (che è
chiamato ad applicare) è diversa da quella degli altri cittadini.
In
altri termini, la legge che governa il rapporto di lavoro dei dipendenti di
camera e senato, la legge che regola i portaborse, la legge che disciplina gli
appalti con le amministrazioni costituzionali è quella che quegli stessi organi
"scelgono" di fare entrare. Non è un caso, forse, che il nostro amico
è stato demansionato dopo aver svolto la funzione di Rappresentante per la
sicurezza sul lavoro, e dopo aver chiesto invano l'accesso ai Palazzi
dell'Ispettorato del lavoro e dei Vigili del fuoco per riscontrare la
violazione dei minimi requisiti di sicurezza.
In
ogni caso, capite bene che chi "gestisce la sbarra del passaggio a
livello" è la politica. Sono i membri dell'Ufficio di Presidenza della
Camera e del Senato che scelgono, volta a volta:
Quale
legge fare entrare a Palazzo e quale no.
Quale
legge non applicare più e quale applicare in parte.
Quale
legge invocare per alcuni e non per altri.
Anche
nei suoi "nemici" c'è chi furbescamente dice che l'autodichia oggi
giova, perchè tiene alta la tensione di una diffusa polemica antiparlamentare:
"sotto dettatura" della piazza si potrebbe imporre - a quella che
viene percepita come una categoria di privilegiati - una normativa, una volta
tanto, deteriore su stipendi, pensioni, eccetera.
Il
contrario del principio di legalità per il quale i Padri dell'Illuminismo hanno
scritto ed i Padri del Risorgimento hanno lottato.
Su
tutto questo, come sulle grandi e piccole scelte della Comunità nazionale,
occorre che si pronunci non una delibera di un Ufficio di Presidenza, ma la
Legge. Per converso, occorre che ad applicarla sia chiamato lo stesso TAR, lo
stesso Giudice del lavoro, la stessa Commissione tributaria che è competente
per qualunque altro cittadino.
Ecco
perché vi chiedo di continuare la lotta con il massimo del sostegno, fino a
Strasburgo, se necessario. Le ragioni sono tutte nel nostro libro "Parlamento, zona franca"; le
opportunità sono tutte nell'interesse mediatico per i Palazzi, sempre
crescente; le occasioni sono tutte nell'egemonia che può derivarne, nei
confrontidi formazioni prive di know how ma ad alto seguito.
Se
c'è una possibilità di salvare dall'Antipolitica il regime parlamentare, questa
è nel riportare a legalità la gestione amministrativa dei Palazzi. Ciò può
avvenire soltanto eliminando l'autodichia e trasformando il ceto mandarinale,
che la gestisce, in una pubblica amministrazione professionale ed europea.
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