di Roberto
Tangianu
All'indomani degli arresti che vedono coinvolti
esponenti del Consiglio regionale sardo per le spese fuori controllo del gruppo
consiliare, Irene Testa, Radicale sarda da anni stabilitasi a Roma, ha
recentemente ha approfondito alcune dinamiche politiche, fino a denunciare, in
un libro di cui è coautrice - "Parlamento Zona Franca. Le camere e lo
scudo dell'autodichia" - quello che lei definisce un sistema di protezioni
istituzionali che garantisce uno scudo impenetrabile agli organi di controllo
della giustizia amministrativa nei diversi settori della politica.
Irene
Testa, può dirci in che cosa la sua attività a Roma può essere un contributo
alla gestione della cosa pubblica nella nostra Regione?
Il nostro è un partito che la scorsa legislatura ha
avuto una forte proiezione istituzionale, che mi ha consentito - collaborando
con Rita Bernardini, l'avvocato Gerardi e altri - di cogliere alcune falle nel
regime di controllo sulle spese degli organismi rappresentativi. Per esempio, è
nostro l'emendamento 1.24 con cui si chiese di sopprimere il divieto per la
Corte dei Conti di visionare i rendiconti delle spese dei consigli regionali.
Ora Monti ha introdotto, dopo lo scandalo Fiorito in regione Lazio, un
controllo sui gruppi consiliari, ma il Consiglio regionale in sé resta ancora
senza controllo contabile. Diciamo che se i gruppi consiliari si mettono
d'accordo nel moltiplicare i loro fondi, non ci può essere comunque un
controllo a valle della Corte sul consuntivo del Consiglio. Continua
Ma come, un partito come il vostro,
da sempre minoranza, invece di cogliere nella carica elettiva un'opportunità
anche a dispetto delle spese, si dedica a controllarle? Non crede che sia
anomalo che, ad invocare le spese libere come costo della democrazia, siano
oggi soprattutto i partiti maggiori?
Il fatto è che lo strumento delle maggioranze per finanziarsi,
in passato, erano le cariche di governo, mentre alle minoranze erano lasciate
le briciole con le spese parlamentari. Ora invece l'Esecutivo soffre di
stringenti vincoli di fonte europea, e la tensione autofinanziatoria dei
partiti si scarica sulle strutture organizzative delle assemblee elettive: il
Parlamento a Roma, i Consigli regionali altrove. Abbiamo visto in pochi anni il
consiglio regionale del Lazio decuplicare le spese per i gruppi, con decisioni
assunte all'unanimità nel chiuso di un Ufficio di Presidenza dal quale noi
Radicali eravamo esclusi. L'alibi dei costi necessari per la politica è stato
invocato in modo bipartisan, da eletti che non hanno molto altro da fare, visto
che oramai si vota per vincolo di obbedienza verso l'esecutivo senza neppure
leggere le leggi sottoposte al consiglio o alla camera.
E allora voi...?
Noi siamo sempre stati perché la competizione
elettorale fosse genuina e non alterata dal peso dei soldi. Se poi lo spreco è
direttamente funzionale alla tasca del consigliere regionale, invece che per il
partito, questa per noi è un'aggravante. In ogni caso, la scena sconfortante
dell'ingresso della Guardia di Finanza nelle sedi dei consigli regionali è la
prova di un fallimento della democrazia.
Ci
dica la verità, quella scena a Roma non l'ha mai potuta vedere...
Li' il problema è più grave, perché dietro l'immunità
di sede e l'autodichia si cela un meccanismo ancor più diabolico, che tutela le
Camere e gli altri organi costituzionali ben oltre il profilo contabile. Ma
finché siamo stati rappresentati in Parlamento non abbiamo avuto timori
reverenziali: Emma Bonino ha guidato il voto contrario, sulla decisione del
Consiglio di Presidenza del Senato di vietare l'accesso dell'ispettore del
lavoro ai (pochi) contratti dei portaborse; Rita Bernardini ha proposto il
disegno di legge soppressivo dell'autodichia, che la Cassazione ha utilizzato
per portare la questione alla Corte costituzionale, che deciderà il prossimo 11
febbraio; io stessa, con Alessandro Gerardi, ho raggruppato tutte le iniziative
in tal senso intraprese negli anni, facendone il plot di un libro.
Parlamento
zona franca, che ha pubblicato Rubbettino...
Ho scelto di far luce sul groviglio di norme e di
interessi, che si avviluppa intorno alla sottrazione delle Camere dalla
supremazia della legge (del lavoro e degli appalti). L'unicità del nostro
sistema, oramai abbandonato in tutto il mondo, si fonda su un dogma ripetuto
nei decenni.
Doveva
arrivare una seguace di Marco Pannella per cercare di scardinarlo.
Le elezioni regionali in Basilicata ora, dove ci
presentiamo potendo utilizzare nuovamente il simbolo della Rosa nel Pugno, ci
offrono una prova d'appello, in cui siano gli elettori a fare pulizia. Non per
rifiutare in toto la politica, ma per sostituirne una buona a quella cattiva
che s'è affermata finora. I Radicali possono garantire di avere la competenza
per avanzare questa proposta: il Capo dello Stato ha scelto una nostra
esponente per il posto di vertice nel Ministero che ci rappresenta nel mondo.
Le burocrazie amministrative si possono utilizzare, conoscendone i meccanismi
come oramai (tra DAP, carceri, Ministeri, Camere) li abbiamo imparati a
conoscere noi Radicali: noi abbiamo dimostrato che possiamo fare del bene al
Paese non sfasciando il settore pubblico, ma indossandolo come la mano indossa
un guanto. Chiediamo agli elettori di darci la forza per poterlo continuare a
fare oggi e in futuro dove ci presenteremo.
del
09/11/2013
http://www.sardegnalive.net/it/news/istituzioni-celate-irene-testa-ci-spiega-perche-la-corte-dei-conti-non-puo-mettere-il-naso
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