lunedì 24 marzo 2014

Stipendi manager pubblici. Irene Testa: In parlamento impossibile ridurli per colpa Autodichia. Le Camere sottratte alla legge esterna

Dichiarazione di Irene Testa, dirigente Radicale e coautrice insieme ad Alessandro Gerardi del libro "Parlamento zona franca" lo scudo dell'Autodichia ha dichiarato:

L'applicazione della legge Monti sul tetto retributivo ai dirigenti del settore pubblico è più facile per Sarmi e Moretti che per i Segretari generali delle Camere. Essi sono sottratti dall'applicazione della legge "esterna" in virtù dell'applicazione della teoria dell'autodichia parlamentare, per cui si fanno scudo dietro la necessità di un'improbabile intesa con le dodici sigle sindacali sollecitata dalla vicepresidente della Camera Sereni. La Camera se la canta e se la suona, quando si tratta di affitti d'oro, di limiti alle retribuzioni, di trattamento del personale. Se però Matteo Renzi vuole contribuire allo sforzo di dare ingresso alla legge anche nelle quattro mura dei palazzi della politica, può farlo accogliendo la richiesta contenuta nella lettera pervenutagli venerdì scorso dai Radicali http://www.radicali.it/comunicati/20140321/autodichia-radicali-scrivono-renzi-occorre-rottamarla-governo-non-si-costituisca. Se il Governo non compare in udienza domani, davanti alla Corte costituzionale, darà un segnale importante rispetto ad una ricostruzione che sostengono soltanto le Camere, contro tutta la dottrina giuridica e contro le sentenze europee: che, cioè, per dare ingresso nelle Camere alla legge occorra una delibera delle Camere stesse. Con le resistenze interne ed il lobbismo indiretto, in conflitto di interessi, che si può facilmente prevedere da parte dei rispettivi Segretari generali."

venerdì 21 marzo 2014

AUTODICHIA: I RADICALI SCRIVONO A RENZI: OCCORRE ROTTAMARLA. IL GOVERNO NON SI COSTITUISCA, LASCI DECIDERE LA CONSULTA


Signor Matteo RENZI
Presidente del consiglio dei ministri
Palazzo Chigi
Piazza Colonna
00186 ROMA

Roma, 21marzo 2014
Presidente,

abbiamo certamente apprezzato che -nella rielaborazione conseguente al ritiro del decreto-legge n. 151, deciso dal Suo governo appena insediato - non sia stato riproposto l'emendamento all'art. 2, consentendo in questo modo, come disposto, il recesso annuale automatico dai contratti d'affitto da parte delle pubbliche amministrazioni, in linea con quanto già previsto dal Governo Monti (art 3 del decreto 95/2012), che affrontava la questione degli affitti d'oro della Camera. Eppure, un cambio di passo del Governo nelle questioni amministrative del Parlamento non può limitarsi a questo: finora l'atteggiamento del Governo è apparso troppo tenue e balbettante nell'affrontare la disonorevole situazione giuridica da cui ebbe origine il regime derogatorio di cui ha approfittato il costruttore Scarpellini.
Che cosa impediva ad applicare alla Camera le usuali procedure di legge sul potere di disdetta e mancato rinnovo delle locazioni con amministrazioni pubbliche? Il problema, onorevole Presidente, è l'autodichia. Da che rimane intatto un tal retaggio, si è alimentato molto del discredito che si va riversando sulle Istituzioni democratiche. Per recidere il groviglio dell'autodichia, è stata investita la Corte costituzionale: eppure anche il Governo può fare qualcosa, per superare questo sistema unico al mondo.
È già avvenuto che la Presidenza del consiglio abbia negato mandato all'avvocatura dello Stato a costituirsi "in difesa dello status quo" a palazzo della Consulta. È avvenuto con un'altra questione di costituzionalità sollevata dalla Cassazione, quella sulla legge elettorale. Può e deve avvenire, ora, anche per la questione sollevata dalle sezioni unite civili della Cassazione contro l'autodichia con ordinanza n. 10400 del 2013. Nella mattina di martedì 25 marzo prossimo la Corte costituzionale esaminerà la cosiddetta autodichia. Camera e Senato la invocano, ad ogni pie' sospinto, per giustificare la sottrazione delle loro amministrazioni all'automatica applicazione della legge esterna.
Al momento la Presidenza del consiglio è costituita in giudizio a difesa del Senato contro la Corte di cassazione. Quest'ultima, anche dopo aver visionato la proposta di legge radicale della scorsa legislatura, ha avanzato il dubbio che l'antico privilegio sia contrario alla Costituzione ed ai trattati internazionali.
I Radicali si aspettano, dopo la relazione del professor Giuliano Amato, parlino solo le parti private, e che il Governo non intervenga in una questione che, in fin dei conti, è di mero diritto civile. Se Enrico Letta l'ha fatto per il Porcellum, astenendosi dal difendere la legge, è lecito richiedere a Lei di lasciare i quindici giudici della Corte liberi di decidere sull'autodichia, ritirando la costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato.
Sarebbe anche questo l'indizio di un cambio di passo, superando l'anomalìa per la quale il nostro è l'unico Paese al mondo che attribuisce questo potere al suo Parlamento.
Se le Presidenze delle Camere hanno sin qui fatto orecchio da mercante alla nostra richiesta, siamo convinti che il Governo possa e debba dimostrare maggiore disinteresse, sulla questione.
Presidente, ritiri ogni atto depositato dall'avvocatura dello Stato e lasci la Corte determinarsi secondo scienza e coscienza.
La professionalità e la competenza giuridica del Relatore in Corte, che è stato anche autorevole parlamentare e due volte Presidente del consiglio, non necessita di ulteriori "interventi a difesa della legge"; ciò tanto più che, finora, la memoria del Governo s'è ridotta ad una clonazione delle memorie delle Camere. Il collegio giudicante è già nelle migliori condizioni per decidere e portarci ad uno standardeuropeo anche su questa questione.

Attendiamo fiduciosi
Irene Testa                                                                           On.le Rita Bernardini
Radicale e coautrice del libro "Parlamento Zona Franca" lo scudo dell'autodichia Segretaria di Radicali Italiani



Avv. Alessandro Gerardi                                                    On.le Maurizio Turco

Coautore del libro "Parlamento Zona Franca" lo scudo dell'autodichia                  Tesoriere del Partito Radicale

mercoledì 19 marzo 2014

25 MARZO MATTEO RENZI RINUNCI AD AUTODICHIA. SAREBBE L'INIZIO DI UN CAMBIO DI PASSO


"Nella mattina di martedì 25 marzo prossimo la Corte costituzionale esaminerà la cosiddetta autodichia. Camera e Senato la invocano, ad ogni pie' sospinto, per giustificare la sottrazione delle loro amministrazioni all'automatica applicazione della legge esterna.
Al momento la Presidenza del consiglio è costituita in giudizio a difesa del Senato contro la Corte di cassazione. Quest'ultima, anche dopo aver visionato la proposta di legge radicale della scorsa legislatura, ha avanzato il dubbio che l'antico privilegio sia contrario alla Costituzione ed ai trattati internazionali.
I radicali si aspettano, dopo la relazione del professor Giuliano Amato, parlino solo le parti private, e che il Governo non intervenga in una questione di diritti civili e di danno da demansionamento. Se Enrico Letta l'ha fatto per il Porcellum, astenendosi dal difendere la legge, è lecito richiedere a Matteo Renzi di lasciare i quindici giudici della Corte liberi di decidere sull'autodichia, ritirando la costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato.
Sarebbe anche questo l'indizio di un cambio di passo, superando l'anomalìa per la quale il nostro è l'unico Paese al mondo che attribuisce questo potere al suo Parlamento.

Rita Bernardini Segretaria Radicali Italiani e Irene Testa, coautrice insieme ad Alessandro Gerardi del libro "Parlamento zona franca" lo scudo dell'Autodichia hanno dichiarato:www.autodichia.blogspot.com



lunedì 10 marzo 2014

Stipendi d'oro alla Camera/Autodichia. Intervista a Irene Testa



Irene Testa coautrice del libro Parlamento Zona Franca a Quinta Colonna al minuto 22 e qualcosa..

Parlamento Zona Franca. Report intervista Irene Testa su Autodichia

Report, al minuto 5 e qualcosa...

Intervista a Irene Testa coautrice del libro Parlamento Zona Franca: http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-fe919bae-2946-4e57-9a72-3b164b94162d.html

Istituzioni celate. Irene Testa ci spiega perché la Corte dei Conti non può mettere il naso nelle spese dei gruppi consiliari in Regione

Pubblicato su www.sardegnalive.net

di Roberto Tangianu

All'indomani degli arresti che vedono coinvolti esponenti del Consiglio regionale sardo per le spese fuori controllo del gruppo consiliare, Irene Testa, Radicale sarda da anni stabilitasi a Roma, ha recentemente ha approfondito alcune dinamiche politiche, fino a denunciare, in un libro di cui è coautrice - "Parlamento Zona Franca. Le camere e lo scudo dell'autodichia" - quello che lei definisce un sistema di protezioni istituzionali che garantisce uno scudo impenetrabile agli organi di controllo della giustizia amministrativa nei diversi settori della politica.

Irene Testa, può dirci in che cosa la sua attività a Roma può essere un contributo alla gestione della cosa pubblica nella nostra Regione?

Il nostro è un partito che la scorsa legislatura ha avuto una forte proiezione istituzionale, che mi ha consentito - collaborando con Rita Bernardini, l'avvocato Gerardi e altri - di cogliere alcune falle nel regime di controllo sulle spese degli organismi rappresentativi. Per esempio, è nostro l'emendamento 1.24 con cui si chiese di sopprimere il divieto per la Corte dei Conti di visionare i rendiconti delle spese dei consigli regionali. Ora Monti ha introdotto, dopo lo scandalo Fiorito in regione Lazio, un controllo sui gruppi consiliari, ma il Consiglio regionale in sé resta ancora senza controllo contabile. Diciamo che se i gruppi consiliari si mettono d'accordo nel moltiplicare i loro fondi, non ci può essere comunque un controllo a valle della Corte sul consuntivo del Consiglio. Continua
“Sembra un vezzo, una reminiscenza per storici o un’argomentazione da accademici e giuristi”, spiega Irene Testa “e invece è il cuore stesso del problema Italia, quello che ha consentito e consente al sistema partitocratico di vivere, alimentarsi, e diffondersi corrompendo ogni anfratto della vita pubblica”.

Autodichia, la “zona franca” dello Stato nello Stato: ecco dove non entrano i giudici


E’ inutile girarci intorno, in Italia c’è uno Stato nello Stato. E, attenzione, non è San Marino non è il Vaticano. La zona franca dove non entrano guardia di finanza, magistratura ordinaria e contabile e neppure il giudice del lavoro è tutta nel centro di Roma, prolifera nel cuore stesso della nostra bella e vituperata democrazia. I suoi confini triangolano tra le assemblee elettive di Camera e Senato, il Quirinale e gli organi costituzionali. Cos’hanno in comune? Il fatto che incidentalmente, da dentro, s’illuminano spiragli su decisioni, conti e costi che destano improvviso scandalo: lo stipendio stellare del funzionario inamovibile, la nomina discutibile, l’appalto opaco che sfugge al controllo della Corte dei Conti, fino alla gestione dei bilanci interni che è tanto autonoma e inconoscibile nei dettagli da consentire a chi li firma di proclamare grandi risparmi che si rivelano, puntualmente, falsi. La breccia si richiude subito, senza disturbare troppo gli inquilini, fino al prossimo lampo di cronaca. La chiave della sacra porta dello “Stato nello Stato” ha incisa una parola antica e carica di suggestioni: “Autodichia”. E che significa? Neppure chi ne beneficia – onorevoli, funzionari e dipendenti degli alti organi dello Stato – lo sa esattamente. Per lo Zanichelli è la “potestà riconosciuta alle Camere e alla Corte Costituzionale di giudicare, sostituendosi in ciò agli organi della giustizia amministrativa, sulle controversie relative al rapporto di impiego del personale da essi dipendente”.
Ma anche di regolare gli appalti lontano dalle maglie del codice dei contratti pubblici e dai controlli della Corte dei Conti. Nasce dal potere di giudicare ammissibilità e permanenza di un proprio membro anche di fronte alle richieste della giustizia ordinaria: ma mentre questo si ricava in Costituzione (art. 66 anche se tutte le revisioni costituzionali proposte cercano di superarlo), il principio ha dato luogo ad una estensione– mai introdotta espressamente nell’ordinamento – che sottrae alla legge ordinaria perfino le funzioni amministrative, che nulla hanno a che vedere con l’esercizio delle funzioni costituzionali. Gli esperti di diritto hanno spesso dibattuto l’argomento. Chi difendendo a spada tratta un principio nato per una ragione nobile di autonomia e indipendenza della rappresentanza politica dall’ingerenza di altri poteri (in origine quello monarchico, poi giudiziario). Chi perorando possibili contrappesi o denunciando gli effetti deleteri dell’autodichia sulla vita democratica.
I radicali Irene Testa e Alessandro Gerardi ne hanno scritto un libro (“Parlamento zona franca. Le camere e lo scudo dell’autodichia”, edito da Rubbettino) che spiega, tra cronaca politica e analisi giuridica, quanto siamo lontani dalle nobili origini.